
October 2016
« Arrivai in città ammirando la sua strana posizione. Costruita su una altura discende come un lungo nastro sul versante orientale della montagna, poi girandosi a guisa di S viene a distendersi lungo il mare… » (Considerazione su Scilla dello scrittore Dumas)

Scilla, piccolo comune della provincia di Reggio Calabria, è considerata uno dei borghi più belli e suggestivi d’Italia.
La zona più antica è Chianalea ( Piano della Galea ) è un piccolo borgo marinaro denominato "piccola Venezia" perché le antiche abitazioni sono separate fra loro da piaccole vie e adagiate sulle acque del mar Tirreno.


Il Castello Ruffo è l’elemento più caratteristico di Scilla. Si tratta un’antica fortificazione che domina lo stretto di Messina, la Marina grande di Scilla, il porto ed il borgo di Chianalea . Le sue origini risalgono all'antica epoca magnogreca, ebbe un importante ruolo di avamposto difensivo della città. Acquistato dai Ruffo nel 1533, divenne una dimora nobiliare.

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LA LEGGENDA DI SCILLA
Ecco la descrizione che Omero fa di Scilla (Odissea, XII, 112 e sgg):
«Scilla ivi alberga, che moleste grida
Di mandar non ristà. La costei voce
Altro non par che un guaiolar perenne
Di lattante cagnuol: ma Scilla è atroce
Mostro, e sino a un dio, che a lei si fesse,
Non mirerebbe in lei senza ribrezzo,
Dodici ha piedi, anteriori tutti,
Sei lunghissimi colli e su ciascuno
Spaventosa una testa, e nelle bocche
Di spessi denti un triplicato giro...».
La leggenda narra che Scilla e Cariddi erano due mostri marini che vivevano nello stretto di Messina. Scilla era una splendida ninfa che trascorreva i suoi giorni nella spiaggia di Zancle (Messina ). Il dio del mare Glauco si innamorò di lei, ma venne rifiutato e chiese alla maga Circe un filtro d’amore. Circe a sua volta gli propose di unirsi a lei, ma furiosa per essere stata respinta da Glauco trasformò Scilla in un mostro enorme ed altissimo con sei enormi teste di cane con tre file di denti ognuna, un busto enorme e delle gambe serpentine lunghissime.
Il mostro si nascose in una grotta dello stretto di Messina, dal lato opposto a quello di Cariddi, e quando i naviganti si avvicinavano a lei, con le sue bocche li divorava.

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